Cinema

Grande, grandissimo il film David Trueba al 'Festival del cine espanol'

Grande, grandissimo il film David Trueba al 'Festival del cine espanol'

Risolti i problemi tecnici del gioroi prima, al terzo giorno di Festival tutto ha funzionato alla perfezione se si eccettua un leggero ritardo sull'orario di proiezione dell'ultimo film (oltre 30 minuti) dovuto all'enorme affluenza di pubblico per il film di David Trueba, zio di Jonás e fratello di Fernando, che ha rallentato i tempi di entrata e uscita dalla sala e dell'inarrestabile logorrea della regista di Tots volem el millor per a ella durante le domande del pubblico (due, e mezz'ora di risposta...).

Tre i film in programmazione nella sezione la Nueva ola, nei quali emerge una Spagna variegata e diversamente attenta e capace di guardare al passato e al presente.

Deludente Tots volem el millor per a ella [t.l.Tutti vogliamo il meglio per lei] (Spagna 2013) di  Mara Coll, grande speranza della commedia spagnola che gira a vuoto per 100 minuti di durata ripetendo all'infito alcune belle intuizioni di sceneggiatura.
Una donna, al risveglio dal coma, ma di questo veniamo informati solo a metà del film, sente il peso delle aspettative che il marito e gli amici hanno su di lei. Mal sopportando la pressione sociale che la vorrebbe far tornare nei ranghi della vita precedente, la donna si sottrae alla sua veccha vita senza parlare apertamente con nessuno, nemmeno il marito.

Il film, mentre racconta le sue mille indecisioni e il suo sottrarsi adolescenziale, perde l'occasione di imbastire un discorso sulla società contemproarea spagnola riducendo tutta la questione al privato della protagonista, interpretata dalla brava e pluripremiata Nora Navas, la cui insofferenza è tutta nella cifra personale della donna senza che diventi mai questione politica (nel senso di vita nella città).

Un film rassicurante per il pubblico che lo guarda perché, tramite questo personaggio vigliacco e incapace di reggere il ritmo della società moderna la voglia di cambiare è trasfigurata da una stravaganza che si fa dimostrazione romantica dell'impossibilità di qualsiasi cambiamento che, invece, ognuno e ognuna può fare, basta volerlo.

Un film straordinariamente borghese e vagamente misogino (anche se a scriverlo e dirigerlo è una donna) perché tradisce una certa simpatia per i personaggi che circondano la protagonista (soprattutto il marito, inetto e sensibile come un tronco d'albero) la cui incapacità di capire le esigenze della moglie sembra agli occhi della regista e del film risiedere esclusivamente nella stranezza della protagonista e non nel conformismo indigesto e paternalista che il film elegge come orizzonte etico auspicabile.

L'opera prima Barcelona nit d'estiu [Barcellona notte d'estate] (Spagna, 2013) di Dani de la Orden racconta la storia d'amore di sei coppie diverse durante la notte che precede il passaggio di una cometa nel cielo di Spagna. Tra gravidanze scoperte e non proprio desiderate ad attrazioni pericolose tra donne sposate e amici scapoli, o tra una futura sposa e un suo ex (al quale confida che il suo attuale fidanzato dura poco) il film inanella le situazioni più topiche con un certo garbo nei dialoghi e un gusto registico abbastanza sofisticato confermando però tutti i luoghi comuni sulle relazioni amorose, tutte sviluppate con lo spessore e la sensibilità dell'adolescenza (quella di una delle sei coppie cui la pellicola dedica il minor tempo nel'alternarsi continuo tra una situazione e l'altra).
Non mancano due storie omoerotiche, una tra ragazze (marginalizzata nel raccontare di due ragazzi che cercano di sedurre una delle due ragazze in coppia) e una tra due calciatori che danno il peggio del film perché la loro storia incentrata sull'impossibilità per i calciatori di fare coming out è spiegata come titubanza privata invece che come pressione sociale.
Che i due giocatori per darsi un bacio nel paese dove il matrimonio tra persone dello stesso sesso è legge da otto anni si guardino a destra e sinistra come due adolescenti a scuola restituisce tutta la miopia sociale e politica di una pellicola che ha la sensibilità e la capacità di approfondimento di un film televisivo.

David Trueba ci regala invece l'unica versa sopresa della giornata Vivir es facil con los ojos cerrados [t.l.  La vita è facile ad occhi chiusi] (Spagna, 2013) ambientato nella Spagna franchista del 1966, un film on the road che vede un professore di inglese e latino di scuola media, single e senza una vita privata,  dare un passaggio a uno studente in fuga dal padre fascista e una giovane donna incinta che vuole tenere il figlio e non darlo in affido come la madre ha deciso per lei, mentre si reca sul set di un film dove John Lennon figura tra gli attori.

La storia di questi tre personaggi raccontata con grande intelligenza cinematografica (indimenticabile la scena quando il professore capisce lo stato interessante della ragazza che gli confessa tutto dandogli le spalle, il viso di entrambi a favore di macchina da presa e dunque di pubblico) è felicemente impiegata anche per fare un discorso sulla società di allora e dunque di oggi, attraverso piccolissimi dettagli, perché non c'è bisogno delle grandi questioni per mostrare il senso di oppressione della società franchista, basta anche un taglio di capelli forzato ai danni del giovane studente preso in giro come femminuccia.
Un film d'eccezione che ha fatto incetta di premi e che vede un cast altrettanto grande a cominciare da Javier Cámara che dimostra di saper fare altro oltre che il ruolo dalla checca isterica cui è mortificato nell'ultimo film di Almodovar, per proseguire con la giovanissima e bellissima Natalia de Molina e l'ancora più giovane e altrettanto bello Francesc Colomer qui al suo secondo film dopo Barcelona nit d'estiu. 

Ieri e oggi i film già recensiti vengono replicati a rotazione.

Il festival si chiude domani.